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COPIONI DEL MAESTRO

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Un corpo da dea e un viso sempre giovane e fresco. Sono queste le immagini che quotidianamente ci vengono propinate, che si impongono di prepotenza nell’immaginario di tanta parte dell’universo femminile, pullulanti di ragazze senza un filo di cellulite, con vitini da vespa e con un seno che sfida le leggi di gravità. Tv e riviste supportano e amplificano modelli culturali ad esclusivo uso e consumo del mercato, noncuranti dell’interesse dei singoli individui. Ma che valore avrà avuto per certi medici, nel momento solenne della proclamazione, il giuramento di Ippocrate? Saranno state queste, accanto a tante altre considerazioni affini a spingere Angelo Rojo Mirisciotti, prolifico autore e regista napoletano, a scrivere il testo della tragicommedia “La plastica”, in scena dal 1 dicembre al Teatro Arcas di via Veterinaria 63, per la regia di Patrizia Palmieri. Stavolta lo sguardo acuto e sensibile dell’autore si allarga ad un orizzonte più ampio che supera i limiti delle mille problematiche umane e sociali di una città adorabile e complessa al tempo stesso qual è Napoli, per offrire con la sua pièce, un spaccato drammatico e reale di un’ intera generazione che travalica tutti confini geografici. Protagoniste otto donne, otto tipologie umane che, pur nella diversità d’estrazione socio-culturale, nella sala d’attesa di un noto chirurgo plastico, riveleranno via via, le proprie paure, i propri traumi, le proprie frustrazioni e disperazioni poste alla base del ricorso ai bisturi del Dottor Conconi, scultore di effimera bellezza femminile ma, di contro, anche appassionato ammiratore di quella maschile, mirabilmente interpretato dal brillante Ciro Zangaro. Lo spettatore diventa un esploratore del subconscio femminile che dovrà misurarsi con la triste necessità avvertita dalle pazienti di essere “socialmente accettabili”. Conquistare una nuova immagine, più consona al prototipo di donna proposto dai media, che imperversa nei jet set e alimenta senza tregua la mercificazione e lo sfruttamento televisivo e pubblicitario dei corpi femminili, è il pass-partout per la felicità e per guadagnare un posto in prima fila in vetrina. Donne-manichino che incuranti del valore intrinseco delle proprie identità, accettano di “omologarsi” per sottrarsi al profondo malessere che le attanaglia, per tentare goffamente di riempire il proprio vertiginoso voto esistenziale. Eppure, queste drammatiche vicissitudini ci vengono trasferite con assoluta leggerezza, con un ritmo equilibrato e godibile e soprattutto, in un clima di briosa ironia, complici il talento indiscutibile di Donatella De Felice, un esilarante Elvira, i cui fragorosi interventi tanto hanno sollazzato la platea, e di Liliana Palermo, che di antico sembra avere anche il nome, Natalina, la cui sindrome del “brutto anatroccolo” avrebbe potuto intenerire anche il più arcigno degli astanti! Validissime alleate nel viaggio puntellato da punturine di botox, acidi ialuronici e lifting a vario titolo, sono Silvana Vaio, Enza Palumbo, Laura Ferraro, Ida Lauropoli, Francesca Stizzo e la giovanissima figlia dell’autore, Paola Mirisciotti. Accompagnati dalle musiche sapientemente composte dal maestro Luca di Gennaro arriviamo all’epilogo che, se nella tragedia di uno spietato delitto sembrerebbe dapprima condurre le nostre protagoniste sulla via del “rinsavimento” e a ragionare “col seno..di poi”, ci fa invece prendere atto del fatto che le fragili donne del nostro tempo non riescono a resistere alla tentazione di rifarsi labbra, seno e lato B, almeno sino a quando gli uomini che le guardano non smetteranno di rifarsi gli occhi!
 
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - 04/12/201
  
  
 
 
 

 

 

 

 

La rincorsa ad una perfezione fittizia attraverso lipoaspirazione, mastoplastica, rinoplastica,  correzione dei capezzoli, lifting, nascondono sempre insicurezze profonde. La popolana, la docente universitaria, la poliziotta, e persino la segretaria cercano di rimarginare il loro narcisismo ferito senza tener conto che “non basta rifarsi il seno per cancellare il passato”. Ma ad un certo punto qualcosa va storto….un viso deturpato e un colpo di pistola smuovono le coscienze. Ma non dura che un attimo.

Perché le donne vogliono essere come bambole gonfiabili? Questa sembra essere la domanda sotterranea dell’autore che dichiara di essersi ispirato a situazioni e paradossi realmente visti. Madre e figlia che vogliono essere uguali, due personaggi che simboleggiano la disgregazione della famiglia, il disordine dei ruoli. Due personaggi che Patrizia Palmieri, che ha avuto l’onore di dirigere la messa in scena di un testo così ben fatto sul piano drammaturgico, avrebbe potuto giocarsi di più. La follia e il desiderio di essere clone della propria figlia e della propria madre, la dice lunga sulla riflessione e sulla cultura psicologica e antropologica che c’ è alla base del lavoro ben fatto di Angelo Mirisciotti e dei suoi brillanti attori. 

In scena al Teatro ARCAS

Via Veterinaria 63 

NapoliInfoline: 081 5955531 

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Prezzo Biglietto 10€.

di Anita Laudando

 

 
 
 
 
 
 
 

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